Leggendo qua e là..

Il culto mussoliniano riscosse crescenti consensi fra la gente comune e fu un fenomeno pressoché costante durante il regime, almeno fino alla seconda guerra mondiale, anche se non ebbe un’estesione e una presenza uniforme in tutti i ceti sociali. […] Certamente vi furono settori sociali dove questo mito ebbe minore o scarsa influenza come per esempio quelli che erano passati attraverso un più marcato processo di s(e)colarizzazione o quelli, speciamente ceti operai e contadini, che avevano subito violenze squadriste ed erano più legati alla tradizione socialista, repubblicana o comunista. In questi ceti il mito di Mussolini poté far breccia solo tardi, agendo soprattutto sulle generazioni giovani.

Ma nella media e piccola borghesia non politicizzata, nei ceti popolari più umili, specialmente rurali, privi di qualsiasi tradizione laica o politica, […], il culto di mussolini si diffuse rapidamente perché mise radici in una cultura antropologica ancora fortemente dominata da credenze religiose, persino superstiziose e magiche, che proiettavano sul mito di mussolini forme di devozione e di culto tipiche della pietà religiosa cristiana, fino a paragonarlo a cristo. […]

In effetti, quanto più si diffondeva fra le masse l’insofferenza contro l’invadenza totalitaria del partito fascista e crescevano critiche ai gerarchi, tanto più veniva esatato, per contrasto, il mito del duce, posto al riparo dalle critiche perché sollevato in una sfera di fiducia, quale ultima speranza per un atto risanatore dei mali, anche di quelli inflitti dal fascismo stesso attraverso i suoi gerarchi. […] Questo mito era percepito come l’immagine di un “nume protettore”.[…]

[VEDI OGGI]

testo di: Emilio Gentile, “Il culto del littorio”, tratto da “Storia e Storiografia”, A.Desideri M.Themelly

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